N° 67

 

LA STAGIONE DELL’ODIO

 

Di Carlo Monni

 

 

1.

 

 

Bloccati in una strada del Bronx da un gas paralizzante preparato da Arnim Zola, Capitan America, Falcon, Steve Rogers, il Soldato d’Inverno, la Torcia Umana, Spitfire e Patriot si trovano di fronte ad un Seminatore d’Odio che si sente trionfante.

-Chi ucciderò per primo tra di voi, dunque?- chiede motteggiando i suoi avversari -Forse dovrei far scegliere a voi, non sarebbe divertente.-

-Vai a farti fottere bastardo nazista.- replica Patriot.

-Che linguaggio disdicevole per un ragazzino. Ai miei tempi saresti stato punito severamente per questo. Forse dovrei cominciare proprio con te.-

-Lascialo stare.- interviene Jim Hammond.

-Ah… la cosiddetta Torcia Umana Originale.- l’odio è evidente nella voce del Seminatore d’Odio mentre si volta verso l’eroe dal costume rosso -Umana…cos’hai di umano tu, androide? Sei solo un’imitazione, una parodia di un ariano. Non sei nemmeno degno del mio disprezzo.-

-Ne sei sicuro?- replica Jim –Da quel che mi hanno detto di te, dovresti avere di me dei ricordi… brucianti.-

            Il Seminatore d’Odio trema e poi gli vibra uno schiaffo e poi un altro ed un altro ancora quasi non riuscisse a fermarsi, poi, di colpo, come se si fosse svuotato di ogni energia, si blocca mentre la Torcia Umana rimane impassibile e non è facile capire se ciò dipenda dalla paralisi o dal suo personale stoicismo.

            In un atto di rabbia il Seminatore d’Odio si sfila il cappuccio rivelando il volto di Adolf Hitler.

-Pagherai per ciò che mi hai fatto!- urla -Ti farò a pezzi così piccoli che non potranno ricostruirti mai più.-

            Bene, pensa Jim, concentrati su di me, dimentica gli altri, comportati da bravo criminale megalomane e dacci il tempo di rivoltare i giochi a nostro favore.

 

            Kamal Rakim sale sul palco e guarda la folla riunita nel salone. Sono pronti a sentirlo. Alcuni vogliono parole di pace e speranze, altri non aspettano altro che sia attizzato il fuoco della loro rabbia e lui è ormai un esperto in questo. Fin da quando era un leader studentesco è stato abilissimo a far vibrare le corde dell’orgoglio nero. Ci ha costruito sopra un’intera carriera politica perdendo pian piano il suo iniziale idealismo per strada ed ora neanche lui sa più quando il cinismo e l’opportunismo hanno preso il sopravvento.

            Non importa, pensa, quello che conta è il risultato. Guarda sua moglie Leila e senza nemmeno sapere bene perché, accenna ad un sorriso poi comincia a parlare:

-Fratelli e sorelle. Sono felice di essere qui tra di voi. Vorrei parlarvi del vostro… del nostro futuro e dell’uomo che meglio di tutti lo rappresenta…-

            Leila Taylor ascolta suo marito parlare. All’inizio non fa caso all’uomo che si sta avvicinando al palco, poi nota che tiene la mano destra nella tasca del giubbotto.

-… sto parlando di Sam Wilson, un uomo integro… un uomo onesto…-

            Non dovrebbe incuriosirla tanto, ma c’è qualcosa… qualcosa di storto.

-… un uomo che ha affrontato numerose tragedie personali e ne è uscito più forte. Il miglior rappresentante che questo distretto possa sperare di avere…-

            L’uomo si è fermato ed ora estrae una pistola e spara… uno… due… tre colpi… l’intero caricatore prima che le guardie di sicurezza riescano a fermarlo.

            Kamal Rakim cade all’indietro mentre la sua camicia bianca si arrossa del suo sangue che scorre copioso.

            In seguito Leila ricorderà in modo confuso gli eventi. L’azione ha preso poco più di un secondo ma le sembrerà che sia durata un’eternità. Ricorderà che le sembrava di muoversi in un mare di melassa e ricorderà il volto di Kamal… l’espressione stupita di chi si chiede: “Perché?”

            Ricorderà tutto questo ma ora riesce solo a gridare.

 

            Un sinistro sorriso si disegna sul volto tristemente noto di Adolf Hitler mentre riprende fiato allontanandosi da Jim Hammond.

-Potrei usare il mio potere dell’odio su di voi e vedervi uccidere l’un con l’altro.- dice –Sarebbe divertente.-

-Non funzionerebbe.- interviene Capitan America –Non potremmo odiare nessuno più di te e sarebbe te che tenteremmo di uccidere per primo.-

-Ben detto.- replica lui –Ammetto che sei sveglia ragazza. Uccidermi non servirebbe a molto, dovresti saperlo, però… tuttavia… morire non è mai un’esperienza piacevole e ne faccio volentieri a meno se posso. Dovrò pensare a qualcos’altro per voi.-

            Liz Mace stringe i pugni in preda alla frustrazione. Le ci vuole qualche istante per capire quel che significa: la paralisi sta finendo. Se riesce a tenere impegnato abbastanza a lungo il suo avversario…

-Perché tutto questo, Seminatore d’Odio?- gli chiede –Cosa ci guadagni da tutto questo caos?-

-Cosa ci guadagno?-ribatte lui –Tipico di una donnetta come te fare una domanda simile. Indebolire la fibra morale dell’America è già una vittoria importante. Io sto mostrando a questa decadente nazione quanto è facile distruggere le sue illusioni, mettere amico contro amico, razza contro razza. Vedrò bruciare il tuo paese, Capitano, e verserò benzina sul rogo che sarà diventato.-

-Non accadrà mai! Mai!- urla con tutto il suo fiato Liz mentre con un certo sforzo alza il braccio destro, bloccata dalla stretta del Seminatore d’Odio.

-Hai temperamento, donna… ma i tuoi sforzi sono inutili io…-

            Non finisce la frase. Alle sue spalle si ode una voce a lui ben nota:

-Ehi Adolf… non hai dimenticato qualcuno?-

            Il Seminatore d’Odio si volta di scatto esclamando:

-Fury?-

            Un attimo dopo una gragnuola di proiettili si abbatte sul suo petto.

 

 

2.

 

 

            La corsa in ospedale è frenetica. Kamal Rakim giunge al pronto soccorso privo di conoscenza ed è portato immediatamente in sala operatoria.

            In sala d’attesa sua moglie Leila è frastornata. Accanto a lei Sarah Wilson Casper non sa cosa dire, poi la porta si apre ed alle due donne basta dare un occhiata al volto del medico per capire l’amara verità.

 

            Nick Fury, seguito da Valentina Allegra De La Fontaine, si avvicina al corpo a terra e commenta:

-Davvero non credevo che sarebbe stato così facile… anche se…-

            Non finisce la frase: il presunto cadavere spalanca di colpo gli occhi per poi sciogliersi di colpo in una poltiglia gialla che subito si condensa attorno ai piedi dei due agenti dello S.H.I.E.L.D. per poi risalire ad imprigionarli.

            Mentre Fury lancia un’imprecazione, dal fondo della strada sbuca un altro Seminatore d’Odio che avanza verso di loro.

-È sempre un piacere rivederti, Fury… ed è ancora più grande averti impotente nelle mie mani. Sicuramente avrai capito che quello che mi impersonava era uno dei costrutti biologici di Arnim Zola. Non cercare di liberarti: le sue spire sono virtualmente indistruttibili.-

-Tanto finirà al solito modo, bastardo nazista.- replica Fury –Con te morto e noi vincitori.-

-Anche se accadesse, sarebbe solo temporaneo, lo sai bene.- ribatte il suo nemico –Quante volte mi hai visto morire? Eppure sono sempre qui. Ed ora vediamo cosa posso fare di te.-

            Uno scudo circolare rosso, bianco e blu saetta davanti a lui tranciando un tentacolo della creatura che imprigiona Fury e la Contessa, poi ne trancia un altro e infine rimbalza nelle mani della sua proprietaria mentre la creatura, per lo shock, lascia andare i suoi prigionieri.

-Hai perso troppo tempo, Seminatore d’Odio.- proclama Capitan America –Siamo pronti a combatterti adesso. Sei finito.-

-Nei sei davvero così sicura?- ribatte il Seminatore d’Odio mentre i suoi occhi iniziano a brillare di una luce sinistra –Continuo a chiamarlo raggio dell’odio…- spiega -… ma adesso il potere scorre dentro di me, mi appartiene. Forse un effetto collaterale della mia temporanea permanenza in un cubo cosmico.[1] Non mi importa saperlo, mi basta sapere che posso usare il potere su di voi. Avanti: odiatevi ed uccidetevi tra di voi sotto i miei occhi.-

            La sua risata maniacale riempie l’aria.

 

            Il Colonnello Michael Jonathan Rossi USAF[2] è ciò che viene comunemente definito una spia: infatti, è un agente della D.I.A. l’agenzia di informazioni del Dipartimento della Difesa e si occupa in particolare delle minacce superumane alla sicurezza militare.

            Anche le spie, però, hanno la necessità di rilassarsi ogni tanto e così eccolo entrare in un ristorante di Pentagon City, Contea di Arlington, Virginia, abitualmente frequentato dai militari e dal personale civile del Dipartimento della Difesa quando sono in libera uscita o non vogliono mangiare in una delle mense interne.

            Distratto dai suoi pensieri, che incidentalmente coinvolgono anche una certa sua subordinata bionda, Mike non fa caso ad una coppia che sta entrando insieme a lui nel locale ed urta la donna.

-Oh mi scusi.- borbotta imbarazzato.

-Non importa.- replica lei.

            Quella voce, classico accento della working class di Boston, gli è familiare. Mike alza gli occhi verso di lei. La donna è un po’ più giovane di lui, ha lunghi capelli biondi e occhi azzurri, indossa un abito scuro senza maniche lungo appena sopra il ginocchio e una collana di corallo le cinge il collo.

-Carol!- esclama - Questa sì che è una sorpresa dopo tanto tempo.-

-Mike!- esclama a sua volta lei – Sei davvero tu? Io... credevo che fossi morto.-

-Una piccola bugia per motivi di sicurezza.- minimizza lui –Mi dispiace averlo dovuto fare ma l’alternativa era essere ucciso sul serio.[3] In ogni caso, sono felice di averti rivisto. Quanti anni sono passati? Dieci? Quindici? Meglio non pensarci. Tu non sei cambiata affatto, sei sempre bellissima.-

            Carol Danvers sorride mentre l’uomo al suo fianco tossicchia.

-Oh… scusa.- mormora lei –Mike ti presento mio marito Dane… Dane il Colonnello Michael Rossi-

            L’uomo al fianco di Carol ha capelli e occhi castani ed uno sguardo franco.

-Dane Whitman, certo, professore associato di fisica applicata alla Georgetown University, nonché erede di un’antica famiglia nobiliare inglese.- precisa Rossi -Avevo sentito che vi eravate sposati. Sono ancora in tempo per farvi le congratulazioni?-

-Lei sa un sacco di cose.- dice Dane Whitman stringendogli la mano.

-Essere informato è il mio lavoro.- replica Rossi -Ad ogni modo, sono tutte notizie che si trovano sulla sua pagina di Wikipedia.-

-Ho una pagina su Wikipedia?- esclama Dane sinceramente sorpreso.

-Molto scarna ma c’è.-

            E non dice che tu sei il Cavaliere Nero e che Carol è Miss Marvel e nemmeno che in segreto lavorate per un’organizzazione dell’ONU chiamata S.W.O.R.D. per fortuna, pensa Rossi. In ogni caso non ha intenzione di dir loro che lo sa.

-Mike era il mio istruttore quando sono entrata nei servizi segreti militari.- spiega Carol a Dane –Credo di avertene parlato.-

            E gli hai detto anche cos’eravamo davvero l’uno per l’altra o hai taciuto questo particolare? Si chiede Rossi. Parlare dei propri ex non è mai piacevole lo so.

-Quello che ti ha tirato fuori da quella prigione in Russia per caso?- chiede Dane –In questo caso, colonnello, le sono molto grato per ciò che ha fatto.-

-Ho fatto solo quel che dovevo, nulla di più o di meno.- si schermisce Rossi poi chiede -Cosa vi porta da queste parti?-

-Beh… ci abitiamo.- risponde Carol –Per essere esatti: lì.- indica un castello medievale che svetta poco lontano in riva al fiume Potomac.

-Bella casetta.- commenta ironico Mike.

-Dane l’ha… ereditato da… dal fratello di sua madre.-

            Ovvero Nathan Garrett, il Cavaliere Nero precedente, un supercriminale nemico dei Vendicatori morto in uno scontro con Iron Man.[4]

-Ci fermiamo sempre lì quando siamo da queste parti.- completa Dane.

-Mi sembra logico.- replica Rossi –Ma che ne dite se continuiamo questa conversazione seduti ad un tavolo? Ovviamente offro io.-

-Non… non posso permettertelo Mike.- ribatte Carol.

-Sciocchezze. Siete miei ospiti. Non ammetto discussioni.-

            Carol Susan Jane Danvers Whitman Lady Garrington sospira mentre lei e Dane seguono Rossi all’interno del locale.

 

 

3.

 

 

            Per un attimo c’è solo silenzio, poi uno scudo bianco rosso e blu vola nell’aria direttamente contro lo sterno del Seminatore d’Odio che crolla a terra.

            Capitan America avanza lentamente verso di lui.

-Cosa?- esclama il Seminatore d’Odio –Non è possibile!-

-Hai fatto male i tuoi calcoli.- replica Liz Mace recuperando lo scudo da terra –Te lo avevo detto no? Non c’è nessuno qui che io possa odiare più di quanto odi te. Non so se questo mi rende immune al tuo potere dell’odio… non credo e non m’importa nemmeno. La sola cosa che m’importa adesso è che ti staccherò la testa dal collo liberando il Mondo dalla tua immonda presenza.-

            Cap solleva il suo scudo sopra la testa tenendolo con entrambe le mani preparandosi a calarlo con forza sul suo nemico quando una mano le afferra il polso destro ed una voce dice:

-No.-

            È una voce, calma, tranquilla, ma decisa. Liz volta la testa ad incrociare lo sguardo di Steve Rogers, uno sguardo sereno e libero da sentimenti di odio verso chiunque. Steve continua:

-Non ne vale la pena e non sarebbe giusto, lo sai… Capitano.-

-Sì, lo so.- mormora lei.

            Abbassa lo scudo e guarda verso il Seminatore d’Odio.

-Ce l’avevi quasi fatta.- gli dice –Se ti avessi ucciso non sarei stata migliore di te… indegna di essere Capitan America.-

-Non l’avresti fatto.- replica Steve –Lo so.-

-Non puoi esserne sicuro. Se tu non mi avessi fermato…-

-Ti saresti fermata da sola, ne sono certo.-

-Dagli retta, ragazza.- interviene il Soldato d’Inverno –Lui sa sempre quello che dice.-

-Già.- aggiunge Nick Fury -È uno dei suoi tratti più seccanti l’aver sempre ragione.-

            Si fanno tutti intorno a lui e il Seminatore d’Odio si rende conto che se mai hanno ceduto al suo potere, ora ne sono liberi.

-Nein!- urla –Non cadrò vivo nelle vostre mani. Mai!-

            La sua mano destra corre alla cintura.

-Attenti!- urla Jim Hammond infiammandosi e frapponendosi tra il criminale ed i suoi amici.

            C’è una violenta esplosione di cui la Torcia Umana Originale assorbe tutto il calore. Quando è finita al posto del Seminatore d’Odio c’è un mucchietto di cenere.

-È finita così?- chiede Capitan America –Si è ucciso?-

-Dubito sia così facile.- commenta Nick Fury –Io personalmente l’ho visto morire almeno cinque volte e la Torcia sa bene come sia difficile ucciderlo.-

-Oh sì che lo so.- replica Jim Hammond -Sono stato il primo a ucciderlo e dopo quasi settant’anni è ancora qui a tormentarci.-

-Vuol dire che è stato tutto per nulla? Che non è ancora finita?- chiede Liz.

-Non è detto.- ribatte Fury –Con un po’ di fortuna, anche se si è trasferito in un nuovo corpo, gli ci vorrà del tempo per rimettersi in sesto.-

            Vale davvero la pena di fare tutta quella fatica se poi il risultato è che non sai se è servito a qualcosa? Liz guarda verso Steve Rogers e sta quasi per chiedergli come ha fatto a sopportare questo peso tutti quegli anni ma poi lui si volta e le fa un sorriso di comprensione… o almeno così le sembra… e sceglie di rinunciare. Nessuno l’ha costretta a scegliere la vita che sta facendo anzi è lei che l’ha sempre voluta, deve accettarne le conseguenze… tutte le conseguenze.

            In quel momento ecco avvicinarsi la familiare sagoma della Fantasticar dei Fantastici Quattro ed a bordo c’è un ragazzo dell’apparente età di non più di 16 anni di evidenti origini asiatiche.

-Ce l’ho fatta!- dice saltando giù dal veicolo –Ho con me l’antidoto al raggio dell’odio.-

-Il tempismo è tutto.- commenta ironico Fury mentre Amadeus Cho lo guarda sorpreso.

-Ben fatto comunque, ragazzo.- gli dice Steve –Ci servirà per quelli che sono ancora sotto la sua influenza.-

            Ci vogliono solo pochi minuti per aggiornare i nuovi venuti sulla situazione.

-Beh... è un piacere rivederti… erede.- dice Jim rivolto a Johnny Storm –Ricordo ancora che il nostro primo incontro fu alquanto burrascoso.-[5]

-Soliti equivoci tra supereroi.- replica ridendo Johnny –Ormai ci ho fatto l’abitudine. Anche tu sei in forma, vecchio. Lieto di vedere che hai recuperato i tuoi poteri. Sai che sei stato la mia fonte di ispirazione? Ero un avido lettore dei vecchi fumetti con le tue avventure che avevo trovato nella soffitta di mio padre.-

-Sicuro che non appartenessero a tuo nonno? Sai… sono piuttosto vecchio anche se non sembra a vedermi.-

-No… non sembra.- commenta Johnny rivolgendo il suo sguardo a Spitfire –Anche lei non sembra tanto vecchia, no? Tu e lei per caso…-

            È solo un’impressione o sul volto di Jim Hammond compare un lieve rossore?

-Io e lei? Beh non nego che… ma lei è una donna… una bella donna ed io sono un androide che di umano ha solo l’aspetto.-

-Mi sembri il mio amico Ben Grimm, la Cosa. Per quanto mi riguarda, tu e lui siete più umani di tanta altra gente che conosco. Dammi retta: buttati. Io al tuo posto lo farei senza pensarci due volte.-

-Sai che sei un impertinente ragazzino troppo cresciuto?-

-È la mia dote di cui vado più fiero.- ribatte Johnny ridendo.    

-Bah…- interviene la Cosa –Siamo arrivati troppo tardi per menare le mani. Che sviluppo rivoltante.-

-Tu non sei contento se non devi lamentarti Ben.- gli si rivolge la Donna Invisibile.

-Haw, tu mi conosci troppo bene Suzie.-

            Poco lontano gli altri eroi stanno parlando e Liz guarda verso l’alba che sta sorgendo. Il nemico è stato sconfitto e allora perché non riesce a sentirsi contenta?

 

            Quando rientra a casa Leila Taylor si sente svuotata. Per fortuna c’è chi si sta prendendo cura delle gemelle: sono ancora troppo piccole per capire cosa sia successo e perché Kamal non ci sia più ed in questo momento lei non ha la forza di rispondere alle loro domande. Domani forse… domani.

            Sta pensando a questo, quando una voce giunge da una poltrona del salotto:

-Ciao Leila.-

            Lei sobbalza riconoscendo l’uomo di colore elegantemente vestito che si alza e viene verso di lei.

-Tu!- esclama –Come hai fatto ad entrare?-

            Paul Hadley Morgan il boss del crimine di Harlem solleva appena le spalle mentre risponde:

-Non è stato difficile: ho detto al portiere che ero tuo cognato e che ero venuto per aiutarti a sistemare le cose di tuo marito in vista del funerale e mi ha fatto passare. Certo: la mancia generosa e gli ho allungato non ha guastato…. E poi non mentivo… non del tutto almeno. Sono davvero venuto per aiutarti e non mi sembrava il caso di farmi vedere pubblicamente con te. Non credo che il tuo prezioso candidato avrebbe gradito. -

-Cosa ti fa pensare che io abbia bisogno di aiuto… da te specialmente?-

-Io… mi preoccupo per te… e per le bambine. Dove sono adesso?-

-Se ne sta prendendo cura Sarah Casper. Io sono stata finora al distretto a rispondere un sacco di domande. Dio… mi sento stanca.-

            Morgan la stringe a sé e lei non si ribella.

-Mi occuperò di tutto io.- dice lui –Nessuno farà del male a te o alle gemelle hai la mia parola… la mia parola.-

 

             Il Sergente Lou Snider del 28° Distretto, competente per Harlem, non può sbagliarsi: quella non è una visita di cortesia. Conosce il più anziano dei tre uomini che si stanno avvicinando un afroamericano come lui: William Somerset, capo degli investigatori, del Procuratore Distrettuale. Con lui ci sono un uomo sui quaranta abbondanti, bianco, con indosso un impermeabile che ha visto giorno migliori e che ha un’aria familiare. Il terzo è un po’ più giovane, veste elegantemente: completo scuro, camicia immacolata, cravatta a righe blu e rosse, una vaga rassomiglianza con Sean Connery. Tutto in lui urla: agente federale, F.B.I. probabilmente.

            Non serve un indovino per capire cosa vogliono.

-Ciao Lou.- gli si rivolge Somerset –Come vanno le cose? Conosci il Tenente Flint della Squadra Omicidi e l’Agente Speciale Corrigan del F.B.I.?-

            Snider stringe la mano che Corrigan gli ha offerto e dice:

-Corrigan? Non ho già sentito parlare di lei? Ma non è possibile: dovrebbe essere molto più vecchio per essere chi penso io.-

L’altro si stringe nelle spalle e replica:

-Me l’hanno già detto altri. Forse sbagliano persona.-

-Può darsi.- commenta Snider –Beh… ora che abbiamo esaurito i convenevoli, perché non ci diciamo le cose come stanno? I pezzi grossi pensano che l’assassinio di un politico, specie se appartenente ad una minoranza, sia una roba troppo grossa per lasciarla a dei comuni poliziotti da Distretto.-

-Più o meno.- ammette tranquillamente Somerset –Kamal Rakim era un influente membro della comunità nera e la sua morte può avere serie conseguenze. Era un funzionario pubblico e i Federali vogliono essere certi che non ci sia dietro qualcosa che interessi la sicurezza nazionale. Che mi dici dell’attentatore?-

-Lo abbiamo preso subito.- risponde Snider –A quanto pare sarebbe un estremista che considerava Rakim troppo tenero con i bianchi.-

-Dio ci scampi da gente del genere.- commenta Flint.

-Beh… se volete togliermi l’inchiesta, accomodatevi. Ho già un sacco di guai senza volermi infognare in una cospirazione politica…anche se non mi va che facciano certe cose nel mio territorio.-

-In realtà Lou…- precisa Somerset -… ho convinto il Procuratore a non toglierti il caso ma ad affiancarti un paio di specialisti per aiutarti… giusto nel caso che le cose non siano così semplici come sembrano.-

            Prima che Snider possa rispondere un poliziotto arriva trafelato alla sua scrivania. Dà uno sguardo appena incuriosito a tre ospiti e poi si rivolge al collega.

-Lou…-

-Che c’è Bob?-

            Bob Courtney si schiarisce la voce e risponde:

-Il tizio che ha sparato al senatore… lo hanno accoltellato nel cortile di Ryker’s dieci minuti fa. È morto.-

-Quindi, direi che la teoria della cospirazione non è del tutto campata in aria.- commenta Phil Corrigan con un lieve sogghigno.

 

 

4.

 

 

            Passano alcuni giorni, quanto basta perché sia effettuata l’autopsia sul corpo di Kamal Rakim e sia data l’autorizzazione a celebrare il funerale.

            Leila Taylor svolge alla perfezione il ruolo della vedova dell’uomo di Stato, stringe mani ed accetta condoglianze da gente che nemmeno conosce. Suo marito non aveva molti amici ma qualcuno del suo passato si è comunque fatto vivo… come la coppia formata da una donna bionda e un uomo smilzo dai capelli castani.

-Mrs. … Taylor…- si presenta la bionda –Mi chiamo Nicole Adams… io e Kamal ci siamo conosciuti all’università.-

-Sì… mio marito mi ha parlato di lei. Lavora per il Dipartimento di Stato, giusto? E il suo accompagnatore è un funzionario della delegazione americana all’ONU… Everett K. Ross…-

            Nikki Adams è stupita.

-Lei è… è molto informata.-

-È il mio lavoro esserlo.- replica Leila.

Si avvicina un uomo di colore, alto e slanciato il cui volto è incorniciato da una barbetta.

-Sono il Principe Khanata di Wakanda.- si presenta –Re T’Challa non è potuto venire ma so che se avesse potuto sarebbe stato presente.-[6]

-Grazie… lo apprezzo molto.-

            Altri saluti, altre mani da stringere ed infine la folla si dirada e rimangono solo Leila, le sue figlie e la famiglia Wilson/Casper.

            Sam Wilson si ferma davanti a lei col volto cupo.

-Leila…-mormora -... mi spiace davvero. Se solo fossi stato lì…-

-Te l’ho già detto Sam: anche se fossi stato presente non avresti potuto far nulla… ma grazie per essere qui.-

-Non potevo non esserci.-

-Bene, ora scusami ma devo andare. Bambine, da brave, salutate lo zio Sam la zia Sarah e la dottoressa Claire.-

-Ciao zio Sam ciao zia Sarah, ciao dottoressa Claire.- ripetono all’unisono le gemelle, poi, tenute per mano dalla madre, la seguono sino ad una limousine in attesa.

            C’è qualcosa di familiare in quell’auto e soprattutto nell’autista ma Sam non riesce a mettere a fuoco il ricordo. Oh beh… pensa… dopotutto la vita di Leila non è più affar suo, giusto?

-Pensi ancora che siano tue?- chiede Claire Temple riferendosi alle figlie di Leila.

-Lei dice di no e devo crederle… dopotutto che interesse avrebbe a mentirmi?- replica Sam.

            Ma se Kamal Rakim non era il padre e lui nemmeno, allora chi è? E perché dovrebbe essere importante per lui saperlo?

 

            Narra la leggenda che i corridoi del Pentagono siano così intricati che se qualcuno ci si perde rischia di vagare senza trovare un’uscita sino a morire di fame e di sete.  Nulla di più di una leggenda urbana e comunque il maggiore dei Marines Elizabeth Mary Mace non rischia certo di perdersi a giudicare dal suo passo sicuro mentre raggiunge l’ufficio del colonnello Mike Rossi.

            Non aspetta di farsi annunciare ed entra.

-Mi hai fatto chiamare Mike?- chiede chiudendosi la porta alle spalle.

            Si danno del tu da una fatale notte a Bangkok in cui sono stati a letto insieme e Liz ancora non sa se esserne pentita oppure no. Possiamo dire che i suoi sentimenti al riguardo sono molto confusi.

            Lui si lascia la scrivania e le si avvicina.

-La vacanza ti ha giovato.- le dice -Sei più bella e sexy che mai.-

-Piantala.- lo rimprovera lei –Sono qui per lavoro, il resto lasciamolo fuori di qui.-

-Come vuoi.- replica lui con evidente delusione –Ho una nuova missione per te.-

-Ah… pensi di spedirmi in Cina stavolta?-

            Mike sorride sornione.

-Un po’ più lontano a dire il vero… sei mai stata nello spazio?-

            Liz è decisamente sbalordita.

 

            Il caccia risponde perfettamente ai comandi, un vero gioiellino della moderna tecnica, pensa il pilota mentre esegue un atterraggio impeccabile sul ponte della portaerei.

            Pochi istanti ed il tettuccio dell’aereo si apre e lui scende togliendosi il casco.

            Un ufficiale gli si fa incontro.

-Complimenti Tenente.- gli dice –Ha superato l’ultimo esame a pieni voti: il rinnovo del suo brevetto di pilota è garantito.-

            Il Tenente di Marina Franklin Mills si concede un sorriso.

-Una buona notizia ogni tanto fa sempre piacere.- replica.

 

 

5.

 

 

            Sdraiato sul letto Sam Wilson fissa il soffitto sopra la sua testa come se sperasse di trovarci chissà quale risposta.

-Cosa c’è?- gli chiede Claire Temple sdraiata al suo fianco.

-Troppe cose… forse.- risponde lui –Pensavo alla morte di Kamal Rakim. Non mi piaceva molto ma non pensavo che avrebbe fatto quella fine. Chi aveva interesse ad ucciderlo e perché?-

-La Polizia e i Federali stanno indagando. Lascia fare a loro.-

-Gli ultimi sondaggi dicono che le mie chances di vincere le primarie sono salite del 50% dopo l’assassinio. Ho la strada spianata per la Camera e forse questo mi fa sentire in colpa.-

-Che sciocchezze. Sarai un ottimo rappresentante, lo so, anche Rakim lo sapeva ed il solo modo per non darla vinta a chi l’ha ucciso è non arrendersi.-

            Sam sorride.

-Ti ho mai detto che sei una donna eccezionale?-

-Non da questa mattina.- replica Claire ridendo.

            Sam si china a baciarla. I brutti pensieri possono aspettare, pensa, tanto le cattive notizie non mancano mai e la fuori, ne è sicuro, qualche altro guaio lo sta già aspettando.

 

            Quando entra nella sede del F.B.S.A. di New York assieme alla sua guardia del corpo Ace Joy Mercado è consapevole che tra gli sguardi puntati su di loro c’è anche quello di un traditore. Può solo sperare che il piano che hanno escogitato per smascherarlo funzioni prima che la uccidano.

            Sulla porta dell’ufficio del Vice Direttore in Comando Jack Norriss la sta già aspettando.

-Finalmente.- le dice con enfasi –Mi segua Miss Mercado… stavamo aspettando solo lei per cominciare.-

            La recita ha inizio.

 

            Mike Rossi si schiarisce la voce e poi chiede:

-Sai cos’è lo S.W.O.R.D.?-

-Mai sentito nominare.- risponde Liz Mace –Così ad occhio, direi che è il solito acronimo inventato per designare una qualche agenzia governativa.-

-Ci sei andata vicina: è un’agenzia segretissima dell’ONU. Per la precisione significa: Sentient World Observation and Response Department. Come dice il suo nome ha il compito di monitorare le potenziali minacce extraterrestri e reagire se e come necessario.-

-Ha senso.- replica Liz –Ma cosa c’entriamo noi?-

-Il nostro compito è contrastare le minacce superumane alla sicurezza militare del nostro paese.- risponde Rossi –E quale minaccia peggiore di un attacco alieno? Tu dovresti saperlo bene: la nostra unità, dopotutto, è nata dopo un attacco alieno che ti coinvolse-.[7]

-Lo ricordo bene… e non è un ricordo piacevole. C’è una minaccia aliena all’orizzonte?-

-Pare di sì. Preparati ad incontrare un personaggio interessante: Abigail Brand, la direttrice dello S.W.O.R.D.-

 

 

EPILOGO

 

 

            Prima di tutto c’era stato il dolore, fortissimo, insopportabile poi è arrivato l’oblio e lui non sa quanto è durato, poi, finalmente è tornata la coscienza, proprio come le altre volte.

            Ma che succede adesso? Perché è tutto buio, perché non sente niente?  I suoi sensi non funzionano, è come se non avesse più un corpo. Cosa è andato storto? Cosa?

            Senza che il Seminatore d’Odio lo sappia, nel mondo cosiddetto materiale un uomo tiene in mano una piccola sfera. Indossa la classica uniforme dell’Hydra completata da una corta mantella e da un cappuccio che copre interamente il suo volto. Nessuno, a parte il Barone Strucker, Supremo Hydra, conosce il suo vero nome, è noto solo come Hydra Imperiale il Numero Due di quella sinistra organizzazione.

            Nella stanza in cui si trova ci sono solo: una pantera accoccolata ai suoi piedi e una donna dai capelli verdi.

-Povero Seminatore d’Odio.- commenta con un risolino l’Imperiale Hydra –Non poteva certo immaginare che mentre lui era impegnato coi suoi giochetti, l’Hydra avesse preso delle contromisure in caso di suo fallimento. Lo Scienziato Supremo dell’A.I.M. è stato ben lieto di fornirci questo dispositivo in cui deviare ed imprigionare la coscienza del nostro scomodo alleato prima che si reincarnasse in uno dei suoi corpi clonati di riserva. E così, dopo il Teschio Rosso e Sin, un altro rivale dell’Hydra nella strada verso il potere assoluto è stato eliminato. Non ne sei contenta Madame Hydra?-

-Ne sono felicissima.- replica la giovane donna –Quale sarà il nostro prossimo bersaglio?-

-Chissà? Forse lo Scienziato Supremo stesso o magari qualcun altro. Lascerò a te il piacere di sceglierlo, mia cara… ma ci penseremo domani.-

            L’Hydra Imperiale ripone la sfera lucente su uno scaffale e sotto il cappuccio sorride pensando a chi vi è imprigionato all’interno.

            Nella sua prigione colui che fu Adolf Hitler vorrebbe gridare ma non ha una bocca per farlo.

 

 

FINE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Cosa dire di questa storia che già non sappiate? Solo qualche precisazione su alcuni dei personaggi che appaiono in questa storia.

1)     Suppongo che non debba dirvi chi sono Carol Danvers e Dane Whitman, in ogni caso li ritroveremo nel prossimo episodio e ne riparleremo.

2)     L’Investigatore Capo della Procura Distrettuale di Manhattan William Somerset è stato creato per Marvelit da Pablo su Punitore MIT #12 ed ispirato dall’omonimo personaggio del film Seven interpretato da Morgan Freeman. Immaginatelo, quindi, con quelle fattezze.

3)     Il Tenente Flint della Squadra Omicidi di Manhattan è stato creato da Doug Moench & Bill Sienkiewicz in Moon Knight Vol. 1° #12 dell’ottobre 1981.

4)     L’Agente Speciale del F.B.I. Phil Corrigan è stato creato dal sottoscritto su Devil MIT #5 ed è un omaggio al famoso Agente Segreto X-9 creato da Dashiell Hammett & Alex Raymond nel 1934. Per il suo aspetto mi sono ispirato alla versione datane da Al Williamson negli anni 70

Passiamo ora al prossimo episodio dove Capitan America andrà dove nessun’eroina patriottica è mai giunta prima… o quasi. In più: Falcon, Morgan, segreti e cospirazioni varie.

            Non mancate.

 

 

Carlo



[1] Vi era finito su Super Villains Team Up #17, inedito in Italia, ed è stato liberato in Captain America Vol. 1° #448 (In Italia su Capitan America & Thor #29).

[2] United States Air Force.

[3] Dal suo ex amico Stephen Lang o dal Cerchio Interno del Club Infernale per la precisione.

[4] Per la precisione su Tales of Suspense #73 (Prima edizione italiana Devil, Corno, #58).

[5] Su Fantastic Four Annual #4 (Prima edizione italiana Fantastici Quattro, Corno, #53).

[6]Per sapere perché ed in cosa è impegnato, leggete la serie di Pantera Nera MIT

[7] Su Difensori MIT #46/49.